giovedì 2 ottobre 2014

23 Settembre : Incontro con Marco Bersani (ATTAC) - presso Espace Populaire



Il TTIP (Trattato Transatlantico per il commercio e gli investimenti – Transatlantic Trade and Investment Partnership) è un negoziato segreto tra USA e UE avviato nel 2013 per creare un’area di libero commercio e dare libertà agli investimenti.

La questione è che in realtà non esiste oggi in queste aree un problema di libero commercio. Semmai la volontà è di creare un partenariato sugli investimenti e abolire le barriere non tariffarie. Cosa significa? Le barriere tariffarie sono le norme che ostacolano gli investimenti:
-         i contratti di lavoro negli stati europei
-         il principio di precauzione vigente nella legislazione UE
-         le norme di controllo sulle transazioni finanziari vigenti negli USA
-         ecc.
-         ma anche un referendum vinto contro il pirogassificatore, una delibera di giunta che inserisce in un bando di gara per le mense scolastiche l’obbligo di non fornire cibi OGM …

In pratica il TTIP è un trattato delle multinazionali contro le popolazioni: senza vincoli e senza limiti scompaiono beni comuni, servizi pubblici, democrazia.
Con il TTIP le multinazionali che dovessero incontrare un impedimento ai loro investimenti, sia che siano direttamente interessate, sia che siano POTENZIALMENTE interessate, potranno chiamare in giudizio l’autorità pubblica nazionale e locale responsabile di tale impedimento e i fori competenti non saranno di ordinaria giustizia, ma tribunali speciali transnazionali.  Si verrebbe a creare un effetto di interiorizzazione della norma: la paura delle cause (sostenute certamente dai legali che le multinazionali possono permettersi) creerebbe un effetto dissuasivo rispetto a qualsiasi scelta non conforme al trattato.
La libertà e i diritti dell’impresa prevarranno su tutto.

E’ difficile capire la portata di questo trattato transnazionale sulla vita quotidiana. Basti però considerare che ai negoziati partecipano proprio le multinazionali. Al parlamento europeo è demandata solo la ratifica del trattato! Ai parlamentari europei è stato ad oggi concesso esclusivamente di visionare alcune parti del trattato attraverso una complessa procedura conclusasi con una visita presso l’ambasciata americana USA alla presenza di marines armati e senza possibilità di estrarre fotocopie dei documenti.
Con il TTIP saltano tutte le regole sugli OGM in Europa (arriveranno i polli al cloro americani); i servizi pubblici saranno regolati dalla libera impresa.

PERCHE’?
Perché stiamo attraversando una CRISI SISTEMICA del modello capitalistico finanziarizzato. Si vorrebbe qualificare la situazione attuale come CRISI, lasciando intendere che si tratta di un fenomeno passeggero, in via di soluzione (e infatti ogni anno si parla di ripresa in vista per l’anno successivo… e così dal 2007!).
La realtà è diversa. La soluzione non può che essere il superamento del modello entrato in profonda crisi. Non è più valido il modello europeo di uno stato sociale come compromesso tra borghesia e proletariato.

COS’E’ SUCCESSO?
Le rivoluzioni tecnologiche hanno globalizzato l’economia. La finanza ha consentito di salvare il modello capitalistico entrato già in crisi negli anni ‘70/’80 a causa della sovrapproduzione e del contemporaneo impoverimento delle popolazioni, con la  conseguente saturazione della domanda. Allo scambio delle merci si è sostituito lo scambio di denaro. In 20 anni questo meccanismo è esploso e la bolla finanziaria si è rivelata per quello che era, una bolla. Il problema, oggi, è di ricollegare il virtuale al reale, recuperandone almeno una parte. Quali sono le nuove frontiere dei mercati? Istruzione, salute, acqua, natura, intesi come beni e non come diritti. “Non posso più consumare, ma devo bere per sopravvivere!”. “Anche se ho solo un euro, lo dovrò utilizzare per l’acqua.” Anche la natura ha un prezzo.
In Italia il governo Renzi persegue questo scopo (ce lo chiede l’Europa!) tagliando le teste dei lavoratori e privatizzando i servizi.
Lo scopo si raggiunge attraverso uno shock: si crea una situazione di panico (la crisi/il debito pubblico) e si infonde l’idea della rassegnazione (è obbligatorio/è ineluttabile). La crisi non è il problema! La crisi è il ricatto!
Le privatizzazioni non riducono il debito, ma il debito è l’alibi per privatizzare.
Le politiche di austerità creano, però, il problema delle resistenze sociali. Con il TTIP, invece, si superano le difficoltà connesse all’applicazione delle politiche di austerità in ogni singolo stato rendendole, al contempo, permanenti e strutturali.

COSA FARE?
Non rassegnarsi. Dare gambe ai movimenti.
Non è vero che i movimenti siano in difficoltà. Anzi, in questi ultimi anni sono nati moltissimi comitati, di varie forme e per varie ragioni; una moltitudine di iniziative e vertenze come non se ne vedevano da decenni; dagli orti urbani, agli spazi autogestiti, al movimento dell’acqua, l’attivismo sociale è molto ampio, dal locale al generale. Manca la fiducia al cambiamento in senso generale. Si soffre di una mistica del naufrago: siamo soli!! In realtà siamo tanti, ma isolati.

COME SI RIPARTE?
Non ci sono scorciatoie. Bisogna stare nella società. Non si entra nelle istituzioni per frustrazione, ma per eccedenza. In Grecia Syriza ha compiuto il percorso di aggregazione della sinistra in 10 anni. Bisogna stare in campo per essere sostenuti da una movimentazione sociale, per avere un senso. Bisogna operare con LENTEZZA INTENSA.

LA DEMOCRAZIA
Il destino degli enti locali è segnato. La loro scomparsa è imminente. Si vuole allontanare anche fisicamente il luogo delle decisioni. I tesoretti locali fanno gola: territori, ricchezze collettive.
Con il PATTO DI STABILITA’ sono stati strozzati i sindaci. Il blocco del turn over, il blocco degli investimenti e ora la difficoltà di far fronte alle spese correnti, intaccando lo stesso funzionamento dei comuni, hanno pesantemente segnato le amministrazioni locali. La Cassa Depositi e Prestiti, diventata una SPA in mano alle fondazioni bancarie, da sostegno alle amministrazioni si è trasformata in fonte di strozzinaggio.
I territori, se non sono stati devastati da GRANDI OPERE, sono stati svenduti attraverso un perverso meccanismo: gli oneri di urbanizzazione, utilizzabili oggi anche per le spese correnti, sono diventati ghiotte opportunità per rimpinguare le casse comunali a scapito del consumo di territori.

COME AFFRONTARE IL DEFICIT DI DEMOCRAZIA LOCALE?
Occorre riconsiderare il SISTEMA ENTE LOCALE:
-         riappropriarsi dei comuni
-         pretendere che il debito pubblico sia pubblico (perché il debito? Cosa paghiamo?)
-         eliminare dal debito pubblico la parte odiosa (si paga solo il debito legittimo)
-         i comuni devono dire “Non pago il debito pubblico” – se lo fanno mille comuni è un gran segnale!
-         creare gruppi di cittadini-lavoratori che dicano “la spending review la facciamo noi, dal basso” (esempio di Venezia)
-         creare informazione (piccole università con corsi sul debito, sul patto di stabilità, sulla spending review)
-         CREARE SOCIALITA’ (perché chiudono i centri sociali? Perché fanno socialità e la socialità fortifica!), ossia meno panico - che paralizza – e più preoccupazione - primo passo dell’agire.
RIPRENDIAMOCI IL COMUNE!

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